Formazione professionale: gli enti gestori battono cassa – ma il modello Ce.Fo.P. non può essere l’esempio da seguire!

Formazione professionale: gli enti gestori battono cassa – ma il modello Ce.Fo.P. non può essere l’esempio da seguire!
dic 08

Le associazioni Forma e Cenfop siciliane nei giorni scorsi hanno scritto al Presidente della Regione, come in precedenza aveva fatto, in solitudine, un ente confessionale, il Ciofs, dopo che si era diffusa la notizia, che ha avuto anche ampio risalto sulla stampa locale, della approvazione di una delibera in giunta di governo, che favorirebbe l’ente Ce.Fo.P.

Di questa materia ci siamo occupati anche noi nella nostra lettera all’assessore Centorrino pubblicata sul nostro sito collegata all’articolo “Formazione Professionale: il sistema regionale è al collasso”

Naturalmente riteniamo che i lavoratori del Ce.Fo.P., al pari di quelli di tutti gli altri enti di formazione debbano essere trattati con giustizia e con equità, e condividiamo certamente l’indignazione manifestata in toni più o meno misurati nelle lettere, e, in parte, anche alcune delle argomentazioni sottoscritte rispettivamente dall’intero consiglio di presidenza di Forma Sicilia, dal presidente di Cenfop Sicilia e dalla rappresentante del Ciofs.

Certamente si sta creando in questa regione un paradosso: per fare crescere le clientele, solo negli ultimi dieci anni si sono visti nascere enti di formazione dal nulla, senza curarsi se dessero davvero risposte al territorio, allo sviluppo locale, alla occupazione ed al sistema delle imprese, e senza badare alla qualità dei percorsi, delle qualifiche e dei qualificati, fino ad arrivare, con il piano dell’offerta formativa del 2010 a poco meno di due milioni di ore formative, alle quali vanno però aggiunte altre cinquecentomila ore dei percorsi triennali di istruzione e formazione, gestiti in gran parte dagli enti confessionali, per non parlare delle attività formative messe a bando con il Fondo sociale europeo, che solo per i ritardi dei processi di valutazione e di registrazione dei decreti da parte degli organi di controllo non si sono ancora avviati e difficilmente potranno esserlo entro l’anno corrente, ormai agli sgoccioli.

Lo stesso è avvenuto, sempre nell’ultimo decennio, anche per i servizi orientativi per l’impiego, per i quali, per altro, sono state spese ingenti risorse pubbliche anche per la qualificazione degli addetti, che sono notevolmente aumentati nell’ultimo quinquennio, infatti si è passati dai 133 sportelli multifunzionali del piano dei servizi offerti nel 2000, ai 252 attuali, che se si contano anche i così detti “recapiti”, autorizzati almeno fino alla fine del settembre scorso, arrivavano a 289.

Naturalmente nel decennio è aumentata anche la spesa pubblica in modo esponenziale. Tutto questo investimento di risorse pubbliche ha giovato all’occupazione dei siciliani? Forse, certamente a quella dei circa 10.000 addetti del sistema, e di quegli altri, che stimiamo in oltre 2000, assunti con contratti a tempo, con contratti a progetto, con contratti di consulenza di vario tipo.

Ha giovato tutto questo investimento di risorse umane, finanziarie, strumentali, alla Sicilia? Difficile dirlo, certo è che la stampa ed i media non hanno dato valutazioni positive di quanto viene attuato.

Altrettanto certo è che negli anni delle competizioni elettorali la platea degli operatori ha raggiunto dei picchi, quindi politica ed assunzioni sono state intimamente collegate. Ma se questo giova alla occupazione, afferma qualcuno, perché impedirlo e censurarlo?

È presto detto: forse giova all’occupazione per i numeri degli occupati, ma questa “occupazione vuota” si traduce nella progressiva, costante e inarrestabile precarizzazione dei lavoratori che c’erano già, e degli stessi “nuovi arrivati”.

E, d’altra parte, a qualcuno gioverà di certo, perché altrimenti la regione avrebbe dovuto continuare ad investire così copiose risorse finanziarie in un sistema poco utile, spesso autoreferenziale e dagli esiti così poco misurabili?

Noi pensiamo che giovi agli enti, e non solo ai nuovi enti. Intendiamoci, siamo certi che vi siano operatori seri, professionali, avveduti, ma nel complesso la situazione è così intricata da un coacervo di interessi che risulta difficile discernere.

Tanto che, nei mesi scorsi, tentando di introdurre ordine nelle relazioni, almeno con gli enti, nel corso della contrattazione regionale prevista dal nuovo contratto nazionale di lavoro, la Flc si era fatta promotrice di un patto etico, che mettesse al primo posto il rispetto delle norme contrattuali, di quelle derivanti da obblighi di legge, e che impegnasse ad una condotta morigerata da parte degli enti, soprattutto per la politica delle assunzioni e del personale.

Il patto però fu rifiutato dalle delegazioni datoriali, e la Flc non riuscì nemmeno a fare aderire alla propria proposta le altre organizzazioni sindacali. Era certamente una cattiva proposta, e aveva un limite e una debolezza intrinseca: mirava soltanto a ripristinare legalità, legittimità e compatibilità sociale del sistema, mentre si preannunziavano i venti della crisi economica.

Poi, nella scorsa primavera, quando la crisi colpiva già ampi settori della società siciliana, dell’istruzione pubblica, del sistema delle imprese, di fronte al preannunziato disastro del sistema di formazione regionale, la Flc e la Cgil chiesero, inascoltate, che si aprisse un tavolo di crisi, che si trovassero soluzioni realistiche e che si utilizzassero i fondi comunitari non per continuare nella spesa fuori controllo, ma per accompagnare alla fuoriuscita dalla crisi, intervenendo con forti azioni di risanamento, disposte anche a pagare un prezzo, in termini di occupazione, pur di ristabilire un sistema proporzionato ai fabbisogni e compatibile con il bilancio.

Oggi, in una situazione drammatica per gli operatori, sia di quelli degli enti più seri che di quelli inadempienti, assistiamo alle rivendicazioni di chi dice alla regione: “Dammi quanto mi serve, altrimenti le persone che occupiamo si rivolgeranno direttamente a te, occuperanno le strade, le piazze, faranno quello che, talvolta inconsapevolmente, talaltra spinti dalla stessa dirigenza del loro ente hanno fatto i lavoratori del Ce.Fo.P.”.

Il “modello Ce.Fo.P.” quindi, assunto ad esempio paradigmatico, quanto però antigiuridico, visto che nel rapporto tra datore di lavoro e lavoratore dipendente la giurisprudenza ci insegna che le parti sono obbligate contrattualmente a fornire la prestazione di lavoro gli uni e la controprestazione economica l’altro, senza che questo possa essere vincolato all’ottenimento del pagamento della commessa o del servizio prodotto per terzi.

La Flc non può essere d’accordo, quindi, con chi vorrebbe scaricare tutto sulla regione, anche se questa e le amministrazioni dei dipartimenti non sono prive di colpe, per le loro lentezze non sempre disinteressate, per la incapacità di controllare la spesa, per l’incuria nell’esigere il rispetto delle norme.

Certo, i diritti dei lavoratori  sono sacrosanti e la Flc e la Cgil non intendono demordere dal difenderli e dal perorarli, ma questo va fatto, per il sistema della formazione professionale, con la piena consapevolezza della crisi che è ormai irreversibile, e con la attuazione di cure decise anche se dolorose.

Come dice il vecchio adagio, “il medico pietoso fa la piaga cancerosa”, e secondo noi il sistema non è più sano, ma corrotto da una cancrena che lo sta divorando dall’interno. Il Presidente ed il Governo abbiano il coraggio di affrontare la situazione, convochino subito il tavolo di crisi e non facciano più demagogia di fronte al disastro.

Ma anche gli enti facciano la loro parte, rivedendo i propri comportamenti, riconducendoli al rispetto delle norme ed abbandonando l’arbitrio colpevole e spesso clientelare con il quale hanno continuato ad agire pur di mantenere aperto il canale con la politica con la quale sono legati a doppio filo.

la lettera di Forma Sicilia

la lettera di Cenfop Sicilia

la lettera del Ciofs

Formazione professionale | 08/12/2010

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